Lanciano 20 Novembre 2015
Nella nostra home-page, in un passaggio riportiamo il pensiero del compianto Avv. Sala, viene spiegato che considerare i servizi cimiteriali pubblico servizio non è un errore o una sfortunata interpretazione, è una volontà politica a tutela di interessi privati i cui costi ricadono principalmente sulle "FAMIGLIE DOLENTI", e noi aggiungiamo, seguendo il discorso dell'Avv. Sala, che ricadranno anche sulla testa degli artigiani funebri.
Nel progetto di legge S1161 in discussione in Senato si parla genericamente di servizi cimiteriali, alla lettera b) del comma 3 dell’art. 13, così è scritto: “tariffe concernenti le operazioni cimiteriali, la illuminazione elettrica votiva, le cremazioni e le concessioni cimiteriali standard per l’intero ambito”.
Si da per scontato che i servizi cimiteriali direttamente riferenti alle famiglie dolenti quali tumulazioni, inumazioni, estumulazioni, esumazioni, riduzioni, spostamenti vari, vengano assoggettati a servizi pubblici che ovviamente saranno gestiti in ridenti appalti.
E il mercato affollatissimo dell’Onoranza Funebre artigiana perché dovrebbe essere esclusa dal fornire questi servizi? E il principio economico liberale della sussidiarietà che fine ha fatto?
Chiariamo subito che se l’interesse del legislatore fosse quello di garantire costi calmierati e servizi qualificati alle famiglie dolenti dovrebbe obbligatoriamente scegliere la politica della gestione dei servizi cimiteriali in regime di libero mercato.
L’ANIFA considera il pubblico un alleato, uno strumento indispensabile per l’esistenza di un mercato concorrenziale libero e virtuoso, la giungla attuale nasce fondamentalmente dall’assenza di un pubblico all’altezza del suo compito.
L’ANIFA è nata anche per promuovere e risvegliare l’orgoglio del ruolo pubblico nell’economia di mercato basata sulla libera concorrenza, almeno nel comparto funebre, un ruolo basato sull’attività di controllo e prevenzione dei tentativi di sabotare la dinamica virtuosa concorrenziale, un mercato realmente concorrenziale non potrà mai resistere senza l'ausilio dell'intervento pubblico.
La gestione in appalto di servizi dove è esistente un mercato con sufficiente numerosità di operatori è un atto volontariamente ostile all’interesse generale.
Da testimone oculare racconto questo fatto: partecipo al funerale del padre di un amico, dopo il rito funebre seguiamo il feretro fino al cimitero, la ditta funebre incaricata del servizio si fa carico con proprio personale di portare il feretro fin al luogo di tumulazione. Il feretro sarà tumulato al piano terra, sempre il personale dell’impresa funebre si adopera per inserire il feretro all’interno del loculo.
Il cimitero in questione non è sotto la gestione comunale ma è gestito, in appalto, da impresa privata applicando una convenzione stipulata con il Comune.
L’amico afferma che non ha ricevuto alcun documento relativo al lavoro prestato dalla ditta appaltatrice, però qualche mese dopo riceve un sollecito di pagamento per la tumulazione del proprio caro con l’indicazione della cifra di €305,00. Il lavoro di sigillatura di un loculo a piano terra con pannello e stucco viene quantificato con una cifra ingiustificata. Nel cimitero del comune limitrofo la tumulazione è valutata in €60,00.
Questa storia vera e verificabile racconta con disarmante chiarezza le porcherie che possono nascondersi dietro appalti di servizi cimiteriali che non possono essere confusi con servizi pubblici, se vengono confusi con servizi pubblici la motivazione non è certo tutelare l’interesse del cittadino ma tutelare altri interessi e qualcuno ne deve rispondere.
In tutta Italia apprendiamo storie come quella appena raccontata, il salasso cinico, vergognoso e gratuito fatto pagare alle famiglie dolenti lascia esterrefatti.
Se poi si pensa che in Senato vi è un progetto di legge che ignora con verginale candidezza queste problematiche e si guarda bene dall’affrontare le reali esigenze delle famiglie dolenti, il futuro appare alquanto deprimente.
L’impresa che gestisce il cimitero nella città del mio amico, nella carta intestata vanta certificazione “ISO 9001:2006” e “ISO 14001:2004”.
Sfidiamo tutti Senatori, Deputati, parlamentari europei, consiglieri regionali, prefetti, vogliamo trovare uno che ha il coraggio di dare una qualsivoglia credibilità al patetico commercio dei certificati di qualità. Se si pensa che nel progetto S1611 si vuole introdurre per legge l’obbligo di dotarsi di queste “cianfrusaglie” viene da ridere amaramente.
Le famiglie dolenti cercano le garanzie di qualità, di onestà, di competenza non in burocratici pezzi di carta ma sul viso, sulle rughe, sulla pelle dell’artigiano funebre, al quale consegnano, nelle 24/48 successive al lutto, anche le chiavi di casa.
L’introduzione della qualifica professionale dell’artigiano funebre, l’istituzione di un apposito albo al quale chi vuole intraprendere questo mestiere deve obbligatoriamente iscriversi è l’unica strada percorribile.
La riforma del comparto funebre, spero che chi di dovere se ne sia accorto, non è materia tecnica, è materia fondamentalmente politica, alla base vi sono importanti scelte politiche, bisogna decidere se tutelare gli interessi dei cittadini dolenti, delle migliaia di imprese funebri artigiane o se si vuole, imperterriti, continuare a tutelare i soliti interessi particolari.
Codesta associazione cerca di portare nel dibattito parole di verità, non ci riteniamo però portatori di verità assolute, siamo disponibili al confronto con chiunque. Lo spazio del nostro sito è a disposizione di chi vorrà confutare le nostre idee, le nostre soluzioni, le nostre critiche.
Paolo Rullo
Segretario ANIFA