In
questo scorcio di fine estate la notizia che la legge regionale n. 15 della Liguria
in materia di attività funebre non sia stata impugnata dal governo è l’occasione
per fare alcune riflessioni su un periodo storico particolare, imprevisto ed
imprevedibile. Senza
tante polemiche o recriminazioni prendiamo atto che le Regioni sono titolate a
legiferare su materie concernenti la libera concorrenza, la libera iniziativa
economica e sull’introduzione di mestieri regionali. E’ nostra responsabilità
aver in questi anni ignorato le legittime prerogative regionali, eravamo
rimasti all’assunto che su queste materie la competenza era europea in virtù delle
direttive recepite dall’Italia e che i lavoratori europei non potessero essere
discriminati da un paese all’altro, non ci eravamo accorti che tale
discriminazione era possibile all’interno dei singoli stati nazionali. Facciamo
umilmente mea culpa. L’emergenza
Covid di questi mesi ci racconta un Comparto Funebre coraggioso ed eroico che
ha dovuto, a mani nude, affrontare una crisi sanitaria senza precedenti. L’alta
professionalità e soprattutto l’alto senso di responsabilità del comparto nella
sua interezza ha permesso all’Italia di evitare una catastrofe ancora più
severa. Dai Telegiornali nazionali e locali nelle infinite ore dedicate al
Covid mai nessuno si è avventurato a voler capire in che condizioni gli
operatori funebri sono dovuti intervenire, tra gli eroi in prima linea ci sono
tutti tranne i “Becchini”. Nei
mesi più drammatici quando tutto si chiudeva c’era un settore produttivo che in
silenzio non solo continuava a lavorare ma lo doveva fare spesso nelle case di
quegli italiani che morivano di Covid, mettendo a rischio la propria salute,
quella dei familiari e, se non ci fosse stata una professionalità così elevata,
la salute pubblica. A bocce
ferme sfidiamo chiunque a mettere in dubbio questa realtà. Dalle
diverse leggi regionali dedicate al comparto funebre si apprende un racconto
molto diverso fatto di operatori impreparati, inadeguati, senza mezzi che si
improvvisano nel mestiere tanto da costringere le regioni ad organizzare corsi
di formazione tenuti da alti burocrati regionali esperti in “Onoranza Funebre”. L’ANIFA
si aspettava che in Regioni come la Campania gli alti burocrati formatori si
mettessero a disposizione delle inette ed incapaci imprese funebri per
affrontare l’emergenza sanitaria con le dovute competenze per preminenti esigenze
sanitarie. Questo
però a noi non risulta, a noi risulta invece che gli operatori funebri hanno
dovuto mettere in campo la propria professionalità costruita in anni di dura
attività, lo hanno fatto con spirito di servizio ed orgoglio in perfetta
solitudine, i burocrati regionali erano tutti in smart-working (a spese della
collettività) impauriti e terrorizzati. Alla
luce di questa complessa, e tutt’ora in corso, emergenza sanitaria l’ANIFA si
aspetta che il governo nazionale prenda atto del sacrificio e della professionalità
di migliaia di imprenditori funebri artigiani ne riconosca il ruolo strategico
e fondamentale nella lotta al contenimento del COVID. Prenda
atto della insostenibile confusione causata dalle varie leggi regionali in
materia, abbia la dignità di buttarle nel cesso (La Costituzione Italiana glielo
consente), e con coraggio e autorevolezza prenda in mano il fascicolo “Attività
Funebre Artigiana” e lo risolva. Qualsiasi
normativa che non riconosca l’alta professionalità degli imprenditori funebri
artigiani italiani e non conferisca la patente di formatori primari è per l’ANIFA
una normativa lontana dalla realtà e dall’interesse generale.
Paolo
Rullo Segretario
ANIFA
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