Basta fare una banale ricerca su
internet con le parole chiavi "racket del caro estinto" ed escono una
infinità di notizie tutte riconducibili a: racket uguale monopolio.
In questo periodo di pandemia mondiale il comparto funebre si è per fortuna confermato un settore composto da migliaia di bravi lavoratori. Se il settore fosse stato già smantellato come l'attuale progetto di legge vorrebbe, l'Italia avrebbe vissuto un ulteriore emergenza da terzo mondo.
Negli ultimi decenni a tutte le latitudini le Procure della Repubblica hanno aggredito il fenomeno del racket del caro estinto con una certa efficacia, interi territori si sono aperti alla libera concorrenza, tante imprese hanno potuto lavorare dove prima era impossibile.
Una legge quadro nazionale
sull’attività funebre sarebbe una norma necessaria, molti problemi e molte
distorsioni meriterebbero essere affrontati a tutela dell’interesse generale e
degli operatori virtuosi, creare un filtro all’entrata basato sulla
professionalità sarebbe una scelta saggia.
Il progetto di legge in
discussione in Parlamento invece va in direzione del tutto contraria, è un
testo stantio, vecchio, vengono riproposte ricette che in passato hanno già
distrutto comparti artigiani, usano la deriva burocratica come arma di
distruzione di massa. Non c’è alcuna tensione etica e prospettica in questo
testo c’è solo una mediocre e patetica tensione liberticida.
L’ANIFA svolge un ruolo di
supplenza della rappresentanza sindacale, ma quella vera dov’è? È possibile che
migliaia di imprese rimangano inermi in fila come pecore in attesa del
macello?
All’Assemblea Generale dell’8
luglio, rivendicheremo ancora la legittimità del nostro ruolo di supplenza ma
lo faremo nella convinzione che non sarà sufficiente per salvare le pecore dal
macello, lavoriamo per trasformare le pecore in lupi.