Accettiamo l’invito ad argomentare meglio alcune nostre posizioni.
1) 1) ATTIVITA’ FUNEBRE E ATTIVITA’ CONNESSE
L’esternalizzazione di parte dei servizi offerti dalle imprese funebri è una legittima necessità operativa, il problema sono le distorsioni ad essa collegate.
La distinzione tra attività funebre e Centro Servizio funebre è del tutto strumentale, non ha alcuna base normativa. A comandare è il principio di “oggettività”, fa attività funebre chi svolge determinati servizi a prescindere dall’inquadramento camerale.
Chi fa finta di fare confusione, chi fa finta che la distinzione tra centro servizio ed attività funebre abbia una qualche logica o addirittura valenza normativa è il maggior nemico dell’Onoranza Funebre Artigiana Italiana.
Per essere ancora più chiari una normativa nazionale non ha alcun interesse ad entrare nelle scelte organizzative delle imprese funebri, la normativa nazionale ha interesse che le imprese che svolgono attività funebre in qualunque forma o veste devono sottostare alla medesima disciplina.
Riguardo all’aspetto relativo alla “porta spalancata all’abusivismo” ribadiamo che è l’effetto del combinato disposto tra precise scelte sindacali e gravissime carenze nelle attività di controllo.
Il Centro Servizio è un’attività funebre necessaria quando rimane nella cornice del ruolo di attività funebre ausiliare, quando esce da questo ruolo diventa un nemico pericolosissimo che danneggia gravemente il comparto.
SPERIAMO DI ESSERE STATI CHIARI SU QUESTO PUNTO FONDAMENTALE
2) RISORSE UMANE
La questione delle risorse umane è la Waterloo della FENIOF.
Quando con la riforma Biagi del lontano 2003 vennero finalmente introdotte forme contrattuali di lavoro flessibili (contratti a chiamata) la FENIOF decise di non utilizzarli.
Gli imprenditori funebri hanno sempre avuto difficoltà nella gestione delle risorse umane, il lavoro per sua natura è “discontinuo” e “non programmabile” pertanto assumere personale a tempo pieno è un onore finanziariamente molto oneroso e perdente, non solo, ma anche l’organizzazione dell’orario di lavoro è di difficile gestione.
Il contratto a chiamata è il “contratto dell’Onoranza Funebre”, sembra pensato apposta per il nostro settore.
Come diavolo si fa a rifiutare uno strumento del genere? Come diavolo si fa ad affermare che il settore funebre non è un settore caratterizzato da discontinuità di lavoro? Se gli imprenditori funebri fossero stati messi nelle condizioni di utilizzare questo contratto già dal 2003 sarebbero nati tutti i sedicenti centri servizi che ci sono oggi? Ci sarebbe stata la deriva abusiva conseguente? Ci sarebbe stata la giungla concorrenziale di oggi? Ci sarebbe stata la fantozziana concorrenza di prezzo a discapito della qualità del servizio e della qualità dei prodotti?
L’ANIFA RISPONDE DI NO
Troviamo patetica la proposta di voler imporre in una normativa nazionale un numero minimo di forza lavoro a tempo pieno per esercitare il mestiere. La strada da percorrere è favorire sempre di più l’utilizzo di personale assunto direttamente con i contratti flessibili a disposizione, ridimensionare enormemente l’appeal dell’esternalizzazione dei servizi e fare una feroce battaglia sindacale unitaria per costringere le istituzioni ad elaborare protocolli di controllo specifici su questa tematica.
3) ATTIVITA’ FUNEBRE ARTIGIANA
La liberalizzazione delle licenze commerciali ha provocato una illegittima liberalizzazione del comparto funebre. La categoria si fece trovare impreparata, se a suo tempo l’impreparazione aveva qualche giustificazione oggi è del tutto ingiustificabile.
La natura artigiana del mestiere è inconfutabile e suffragata da sconfinata giurisprudenza. Il settore funebre è inquadrato nell’artigianato tra i servizi alla persona così come ad esempio l’attività di “barbiere”.
Ovviamente il comparto funebre è un mercato molto più complesso e molto più delicato di quello dei barbieri, ma se i barbieri hanno una legge quadro nazionale che ne disciplina l’esistenza e pone paletti formativi all’entrata non vediamo perché non ne debba essere fatta una anche per il comparto funebre artigiano. Premettiamo che la necessità di una legge quadro per l’imprenditore funebre artigiano non nasce da esigenze di tutele igienico sanitarie, esiste già una normativa a riguardo (DPR 285/1990 regolamento di polizia mortuaria) ma nasce da esigenze di carattere generale di tutela del cittadino “dolente” e delle virtuose dinamiche libero concorrenziali.
Nel comparto funebre le virtuose dinamiche libero concorrenziali sono in parte distorte dalle caratteristiche particolari della domanda (famiglia dolente).
L’esistenza del concetto di cittadino “dolente” è presente persino nei dispositivi di sentenze di Cassazione, il cittadino dolente in virtù della sua situazione di difficoltà oggettiva ed emotiva dovuta al lutto subito da un lato ha necessità di ricorrere ad un professionista per essere sollevato dalle incombenze relative al lutto subito dall’altro in virtù della sua situazione psicologica delicata ha diritto di entrare in contatto solo con professionisti dotati di un grado professionale minimo garantito dallo Stato.
La qualifica artigiana di imprenditore funebre da ottenere attraverso un percorso formativo articolato e adeguato alla sensibilità sociale del mestiere è la proposta dell’ANIFA. Siamo certi che in un futuro non troppo lontano per esercitare questo mestiere sarà normale dover essere in possesso almeno di un titolo di studio non inferiore al diploma di scuola superiore.
Se riusciremo a far passare questa riforma e soprattutto questo nuovo approccio culturale il passo successivo sarà proporre alle università interessate la costituzione di corsi facoltativi di laurea breve, specifici del settore, nella convinzione che gli imprenditori funebri vincenti del futuro saranno per la maggior parte dei laureati.
Cordiali saluti
Paolo Rullo
Segretario ANIFA